Presentando l’integrazione prima della fine dell’anno si recupera l’imposta illegittimamente versata dal 2011 al 2015. L’ex presidente della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, ora avvocato, ai camici bianchi: «Assolutamente corretto fare domanda»

Aperto un varco per i medici che vogliono recuperare subito l’Irap indebitamente versata. L’articolo 5 del Decreto Fiscale (DL 193/2016) in vigore dal 24 ottobre introduce la possibilità di presentare la “dichiarazione integrativa a favore del contribuente” fino alla scadenza del termine di decadenza dell’azione accertatrice anche per l’Imposta Regionale sulle Attività Produttive. Conseguenza di questo provvedimento è l’estensione da quattro a cinque degli anni in cui si può andare a ritroso per ottenere il credito. Fondamentale però intervenire velocemente e presentare la dichiarazione integrativa entro la fine dell’anno per richiedere il credito relativo al 2011 e recuperare tutta l’IRAP degli ultimi 5 anni, dal 2011 al 2015, presentando la tua documentazione entro il 31 dicembre 2016. Dal primo gennaio del nuovo anno si potrà, invece, farlo a partire dal 2012 e così via per gli anni successivi.  Le cifre cambiano a seconda delle situazioni differenti da medico a medico, ma importante segnalare che è possibile recuperare circa 15mila euro su un reddito imponibile di 70mila euro con un valore medio nazionale del 4% di Irap.

Questa l’ultima novità sul tema Irap discussa e resa nota dalla Corte di Cassazione su cui fa chiarezza ai nostri microfoni Mario Cicala, proprio ex presidente della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione e ora avvocato e consulente tributario.
«È assolutamente corretto fare domanda di rimborso e conseguente ricorso se da una valutazione della propria posizione emerge la certezza di essere compresi fra coloro che non devono pagare l’Irap e tuttavia l’hanno pagata – chiarisce il Giudice Cicala – importante muoversi velocemente e procedere prima possibile».

Andando a ritroso, negli ultimi tempi, le Sezioni Unite hanno chiarito diversi aspetti per anni rimasti ambigui relativamente all’applicazione della normativa. Le sentenze7291 e 9451 del 2016 hanno stabilito che non sono tenuti a pagare il tributo regionale i medici convenzionati con il SSN che esercitano in forma associata l’attività di medicina di gruppo e tutti i contribuenti che si avvalgono di un solo collaboratore che esplica funzioni di segreteria. Sempre che l’utilizzo di beni strumentali non superi il minimo indispensabile richiesto per l’esercizio dell’attività. La sentenza 7371/2016 si è invece pronunciata a favore dell’Erario, stabilendo che l’attività esercitata dalle società semplici e dalle associazioni professionali rappresenta presupposto dell’imposta, trattandosi di soggetti “strutturalmente organizzati”.

«Parlando in concreto, la Cassazione insieme alle Sezioni Unite, hanno stabilito che avere un segretario oppure un ausiliario che prende le telefonate, fissa gli appuntamenti o svolge altre mansioni operative, non costituisce elemento sufficiente per sottoporre un professionista ad Irap – spiega Cicala -. Di seguito c’è un’altra pronuncia specifica per la medicina di gruppo: quando più medici di base si collocano in studi vicini e creano una sorta di struttura comune, questa viene definita ‘medicina di gruppo’, la Cassazione dunque ha spiegato che questa non è una società soggetta a Irap, perché il suo scopo, non è il maggior guadagno del medico, ma offrire alla sanità pubblica un filtro efficace all’ospedalizzazione e all’accesso al pronto soccorso».
Tuttavia, sono molti i medici che nonostante abbiano ricevuto un rimborso per gli anni passati, insistono nel voler comunque pagare l’imposta onde evitare rischi. «Continuare a pagare nonostante aver ricevuto il rimborso è un consiglio prudente – precisa il Giudice -.  Indubbiamente a fronte degli accertamenti che vengono fatti piuttosto che pagare una sanzione è meglio pagare la tassa, nondimeno, se ci sono specifici casi in cui si entra pienamente nel diritto di esenzione io farei anche il gesto di coraggio di non pagare. Certo, finora la regola era pagare e chiedere il rimborso, perché non c’erano le ultime sentenze emanate dalle Sezioni Unite, ma adesso francamente escluderei questi rischi che prima erano più concreti e se in regola con le richieste smetterei di pagare»

di Serena Santi: Sanità informazione

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