Si avvicina la fase due e siamo ancora molto confusi. Noi dentisti, avvezzi a protocolli e procedure non sappiamo verso quale direzione gonfiare le vele. Non siamo ovviamente gli unici ma, a giudicare dalla considerazione del Governo siamo sicuramente tra gli “ultimi” cui rivolgere attenzioni e benefici. Solo da poco, e non per tutti, si è scardinato il prototipo del “professionista grasso”, abituato alla fuoriserie e alle crociere, avvezzo all’evasione fiscale e vacanziera.

Oggi la nostra è una attività meno appetibile come ben sanno i (più o meno) “giovani Colleghi”, spesso ad essa indirizzati da genitori con sogni inappagati (molti dei quali Medici del SSN).E quanti di loro scambierebbero i servizi di consulenza mal pagati (di studio autonomo non se ne parla per le pesanti incombenze e l’alto rischio d’impresa) con qualche ora di “specialistica” nel sistema pubblico!

Ci mancava anche il Covid 19 con “l’aggravante ad alto rischio” per impantanare definitivamente chi ha nel rapporto ravvicinato l’unica fonte di reddito. I sussidi, inconsistenti per alcuni, inarrivabili per altri non possono che rappresentare una temporanea solidarietà per chi, di fatto, non ha potuto espletare il proprio lavoro, pur (forse purtroppo) non gestendo un’attività chiusa per Decreto.

Ovviamente non si può e non si vuole vivere di sussidi ma precocemente tornare a quella normalità che già molto ci dava da pensare in tema di programmazione universitaria, pubblicità, autorizzazioni sanitarie, Aso, formazione ecc. ecc.

Certo, ascoltando i progetti di “patrimoniale”, si comprende come a breve saremo tutti chiamati a pagare ulteriormente il conto e difficile diventa chiedere quell’attenzione che, come ho detto, da sempre ci viene negata. Eppure, sono sicuro, non avremmo bisogno di molto.

Ci potrebbe bastare una minore fiscalità diretta e indiretta. A cominciare dall’Iva su prodotti ad uso odontoiatrico, che per  noi è un costo, e che, se scendesse considerevolmente, ci indurrebbe a quegli investimenti indispensabili per gli aggiornamenti strutturali; a cominciare dagli incentivi alla assunzione del personale, che al momento è considerato un elemento negativo nella presunzione di reddito delle nostre attività; a cominciare dall’aumento in numero e in consistenza delle  detrazioni sull’imponibile, ormai microscopiche  e dalle certificazioni di congruità, ad oggi raggiungibili solo con acrobazie di bilancio degne di un esperto circense.

Che dire inoltre della intempestiva calmierazione dei DPI, disponibili solo a prezzi da borsa nera e solo insieme a “offerte speciali” di dubbia efficacia e nessuna convenienza?

E poi ancora, e in questo sono chiamati i Presidenti CAO, necessitiamo di una grande campagna di riavvicinamento della Popolazione ai nostri studi e di una iniezione di fiducia e ottimismo ai Colleghi disorientati da messaggi spesso contraddittori, e rallentati dalla pressante limitazione alla “prestazione urgente”.

Domenico Coloccia: presidente CAO Campobasso    

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