Il tema della graduazione delle funzioni dirigenziali nelle aziende ed enti del SSN torna ad essere oggetto di approfondimento da parte della Corte di Cassazione, che, con alcune recenti pronunce, ne ha compiutamente delineato la disciplina, chiarendo quali siano le conseguenze della sua inosservanza.
Dalle disposizioni di legge e della contrattazione collettiva che regolano l’istituto, si ricava che il provvedimento di graduazione delle funzioni è atto riservato all’ organo di vertice delle amministrazioni sanitarie, dalla cui adozione dipende la determinazione della retribuzione di posizione dei dirigenti nella sua parte variabile “aziendale”, la quale rientra nel trattamento economico accessorio finanziato da un apposito fondo costituito presso ciascuna azienda o ente ed è correlata, appunto, alle funzioni attribuite al dirigente e alle connesse responsabilità.

Mentre la quota variabile “tabellare” della retribuzione di posizione è stabilita dalla contrattazione collettiva in uguale misura per tutti i dirigenti, fa parte del trattamento economico fondamentale ed è dovuta a prescindere dalla graduazione delle funzioni.
I criteri e i parametri per l’individuazione delle funzioni dirigenziali sono indicati dal CCNL e possono essere integrati dalle amministrazioni sanitarie in base alla loro specifica organizzazione, osservando le leggi regionali di riferimento.

Viene così attribuito, tramite la pesatura degli incarichi, un valore economico ad ogni posizione dirigenziale rivestita in azienda, fermo restando che, a parità di funzioni, deve essere garantita la stessa retribuzione di posizione.
Il fondo annuale da cui vengono attinte le risorse deve essere integralmente utilizzato e gli eventuali residui sono temporaneamente riversati nel fondo per la retribuzione di risultato relativo allo stesso anno, per poi essere ricostituiti nel fondo per la retribuzione di posizione a valere dall’anno successivo.
Pur trattandosi, quanto alla graduazione delle funzioni, di un atto di cosiddetta macro-organizzazione, rispetto al quale il singolo dirigente non può vantare diritti soggettivi, a carico dell’amministrazione vi è comunque l’obbligo di provvedere, correlato alla necessità di quantificare la quota della retribuzione accessoria spettante ai dirigenti in relazione
all’attività svolta in azienda ed al dovere di integrale utilizzo annuale delle risorse a ciò destinate.

L’iter procedimentale per giungere alla concreta individuazione di tale componente retributiva è regolato da precise scansioni e prevede, oltre alla costituzione dell’apposito fondo, una fase preparatoria negoziale che coinvolge i sindacati, la quale rientra fra gli atti esecutivi dell’obbligazione e di adempimento della stessa, che devono essere compiuti
dall’amministrazione datrice di lavoro nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede.
Per cui l’Azienda è obbligata a dar corso al procedimento per la graduazione delle funzioni e alla pesatura degli incarichi; se non lo fa, o ritarda, è da considerarsi inadempiente. E tale inadempimento può essere fatto valere dai dirigenti per ottenere il risarcimento del danno che ne consegue per perdita della chance di percepire la parte variabile aziendale della retribuzione di posizione.

avv. Mariano Morgese

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