E’ stata depositata ieri la sentenza del 21 dicembre scorso con la quale le sezioni unite della Cassazione si sono pronunciate in merito a un caso sollevato dalla IV sezione penale della Corte al fine di chiarire alcuni aspetti controversi relativi al quadro giuridico sulla responsabilità professionale sanitaria scaturito dalla nuova legge 24 (legge Gelli) e in particolare su come applicare le nuove norme sulla colpa medica. LA SENTENZA

23 FEB – “Quale sia, in tema di responsabilità colposa dell’esercente la professione sanitaria per morte o lesioni, l’ambito applicativo della previsione di “non punibilità” prevista dall’art. 590-sexies cod. pen., introdotta dalla legge 8 marzo 2017, n. 24″.

Questa la questione che le sezioni unite sono state chiamate a chiarire da parte della IV sezione penale dopo che due sentenze recenti erano arrivate a conclusioni opposte sul tema della colpa medica a seguito di una diversa interpretazione della nuova legge Gelli e del vecchio decreto Balduzzi.

Le sezioni riunite si sono pronunciate il 21 dicembre scorso ma la loro sentenza è stata depositata solo ieri.

I motivi del contenzioso giurisprudenziale
All’origine del contrasto giurisprudenziale che ha determinato la rimessione alle Sezioni Unite – si legge nella sentenza  – vi è la promulgazione della legge 8 marzo 2017, n. 24 (Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie), entrata in vigore il 10aprile 2017, nota come “legge Gelli-Bianco”.

Questa – scrivono i giudici delle sezioni unite – proseguendo nella volontà manifestatasi nella presente legislatura, di tipizzazione di modelli di colpa all’interno del codice penale, ha disposto, all’art.  6, nel primo comma, la formulazione dell’art. 590-sexies cod. pen. contenente la nuova disciplina speciale sulla responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario e, nel secondo comma, la contestuale abrogazione della previgente disciplina extra-codice della materia. E cioè del comma 1 dell’art. 3, d.l. 13 settembre 2012, n. 158, recante disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute, decreto convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189 e conosciuto come “decreto Balduzzi”, dal nome del Ministro della Salute del Governo che lo aveva presentato.

In particolare l’art. 3 del d.l. Balduzzi era stato concepito per normare i limiti della responsabilità penale dell’esercente la professione sanitaria a fronte di un panorama giurisprudenziale divenuto sempre più severo nella delineazione della colpa medica punibile, salvo il mantenimento di una certa apertura all’utilizzo della regola di esperienza ricavabile dall’art. 2236 cod. civ., per la stessa individuabilità della imperizia, nei casi in cui si fosse imposta la soluzione di problemi di specifica difficoltà di carattere tecnico-scientifico.

Ebbene, notano i giudici, l’art. 3 citato era stato congegnato nel senso di sancire la esclusione della responsabilità per colpa lieve, quando il professionista, nello svolgimento delle proprie attività, non ulteriormente perimetrate con riferimento alla idoneità dell’evento ad integrare specifiche figure di reato né quanto alla afferibilità alla negligenza, imprudenza o imperizia, si fosse “attenuto” a lineeguida e alle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica.

Dal canto suo, l’art. 6 della legge Gelli-Bianco, volto ad incidere con la previsione di una causa di non punibilità sulla responsabilità colposa per morte o lesioni personali da parte degli esercenti la professione sanitaria, la ha introdotta come specificazione ai precetti penali generali in tema di lesioni personali colpose (art. 590 cod. pen.) o omicidio colposo (art. 589), con espressa limitazione agli eventi verificatisi a causa di “imperizia” e sul presupposto che siano state «”rispettate” le raccomandazioni previste dalle linee-guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico—assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee-guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto».

Questo il quadro sul quale le sezioni riunite sono state chiamate a dirimere i dubbi interpretativi soprattutto a seguito delle due recenti sentenze sulla colpa medico giunte a conclusioni contrastanti tra loro.

Cosa prevedono le due sentenze contrastanti
Una delle due sentenze, concernente il caso di un medico psichiatra, responsabile del piano riabilitativo redatto per un paziente e chiamato a rispondere, a titolo di colpa, dell’omicidio volontario da questi compiuto, con un mezzo contundente, nella occasione della convivenza con la futura vittima, posta unitamente all’imputato in una struttura residenziale a bassa soglia assistenziale.

In questo caso, dopo che il medico era stato prosciolto dal Gip ai sensi dell’art. 425 cod. proc. pen., la Cassazione ha fatto oggetto di annullamento con rinvio, tra l’altro, per il necessario raffronto con le linee-guida del caso concreto, anche nella prospettiva della operatività del decreto Balduzzi quale legge più favorevole.

L’altra sentenza è invece in un caso di doppia pronuncia conforme di condanna, nei confronti di un medico che aveva effettuato un intervento di ptosi (lifting) del sopracciglio, cagionando al paziente una permanente diminuzione della sensibilità in un punto della zona frontale destra per la lesione del corrispondente tratto di nervo. Tale decisione ha dichiarato la prescrizione del reato rilevando che la condotta del sanitario, descritta dai giudici del merito come gravemente imperita, non poteva godere della novella causa di non punibilità sol perché nella motivazione della sentenza non si affrontava il tema dell’eventuale individuazione di corrette linee-guida, omissione non più emendabile per il sopravvenire della causa di estinzione. Inoltre il medico non poteva neppure beneficiare della previsione liberatoria della legge Balduzzi, data la accertata “gravità” della colpa e dell'”errore inescusabile”, come plasmato dalla giurisprudenza della Cassazione con riferimento tanto alla scelta del sapere appropriato quanto al minimo di correttezza della fase esecutiva.

L’analisi delle sezioni riunite
Le Sezioni Unite hanno ritenuto che in ciascuna delle due contrastanti sentenze in esame siano espresse molteplici osservazioni condivisibili, in parte anche comuni, ma manchi una sintesi interpretativa complessiva capace di restituire la effettiva portata della norma in considerazione.

Sintesi che richiede talune puntualizzazioni sugli elementi costitutivi della nuova previsione, da individuare attraverso una opportuna attività ermeneutica che tenga conto, da un lato, della lettera della legge e, dall’altro, di circostanze anche non esplicitate ma necessariamente ricomprese in una norma di cui può dirsi certa la ratio, anche alla luce del complesso percorso compiuto negli anni dal legislatore sul tema in discussione. Percorso al quale non risultano estranei il contributo della Corte costituzionale né gli approdi della giurisprudenza di legittimità, di cui, dunque, ci si gioverà.

Le conclusioni sulla colpa
Un lavoro di analisi certosino che i giudici delle sezioni riunite hanno messo nero su bianco nella loro sentenza che alla fine chiarisce finalmente che l’esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali derivanti dall’esercizio di attività medico-chirurgica in quattro fattispecie:
a) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da negligenza o imprudenza;
b) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da imperizia quando il caso concreto non è regolato dalle raccomandazioni delle linee-guida o dalle buone pratiche clinico-assistenziali;
c) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da imperizia nella individuazione e nella scelta di linee-guida o di buone pratiche clinicoassistenziali non adeguate alla specificità del caso concreto;
d) se l’evento si è verificato per colpa “grave” da imperizia nell’esecuzione di raccomandazioni di linee-guida o buone pratiche clinico-assistenziali adeguate, , 28 Corte di Cassazione – copia non ufficiale tenendo conto del grado di rischio da gestire e delle speciali difficoltà dell’atto medico”.

Quando e come applicare la legge più favorevole tra la Balduzzi e la Gelli-Bianco
Il connesso tema concernente la individuazione della legge più favorevole, in dipendenza dai principi posti dall’art. 2, quarto comma, cod. pen. sulla successione delle leggi penali nel tempo – scrivono i giudici – trova il proprio naturale sviluppo raffrontando il contenuto precettivo dell’art. 590-sexies cod. pen., come individuato, con quello dell’art. 3, abrogato. Si enucleano soltanto i casi immediatamente apprezzabili.

In primo luogo, tale ultimo precetto risulta più favorevole in relazione alle contestazioni per comportamenti del sanitario – commessi prima della entrata in vigore della legge Gelli-Bianco – connotati da negligenza o imprudenza, con configurazione di colpa lieve, che solo per il decreto Balduzzi erano esenti da responsabilità quando risultava provato il rispetto delle linee-guida o delle buone pratiche accreditate.

In secondo luogo, nell’ambito della colpa da imperizia, l’errore determinato da colpa lieve, che sia caduto sul momento selettivo delle linee-guida e cioè su quello della valutazione della appropriatezza della linea-guida era coperto dalla esenzione di responsabilità del decreto Balduzzi (v. Sez. 4, n. 47289 del 09/10/2014, Stefanetti, non massimata sul punto), mentre non lo è più in base alla novella che risulta anche per tale aspetto meno favorevole.

In terzo luogo, sempre nell’ambito della colpa da imperizia, l’errore determinato da colpa lieve nella sola fase attuativa andava esente per il decreto Balduzzi ed è oggetto di causa di non punibilità in base all’art. 590-sexies, essendo, in tale prospettiva, ininfluente, in relazione alla attività del giudice penale che si trovi a decidere nella vigenza della nuova legge su fatti verificatisi antecedentemente alla sua entrata in vigore, la qualificazione giuridica dello strumento tecnico attraverso il quale giungere al verdetto liberatorio.

Analogamente, agli effetti civili, l’applicazione dell’art. 3, comma 1, del decreto Balduzzi prevedeva un coordinamento con l’accertamento del giudice penale, nella cornice dell’art. 2043 cod. civ., ribadito dall’art. 7, comma 3, della legge Gelli-Bianco. La responsabilità civile anche per colpa lieve resta ferma (v. Sez. 3 civ., n. 4030 del 19/02/2013; Sez. 4 civ., ord. n. 8940 del 17/04/2014) a prescindere, dunque, dallo strumento tecnico con il quale il legislatore regoli la sottrazione del comportamento colpevole da imperizia lieve all’intervento del giudice penale.

Quotidiano Sanità


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 La sentenza

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